Follow up – Monitorare
L’importanza del monitoraggio
delle performance economico-finanziarie e strategiche
Fin dalle origini del management il controllo operativo della gestione, disciplina che permette di monitorare la redditività e l’efficienza dei processi, è stata considerata una competenza essenziale dei manager, che devono conoscerla e saperla applicare per misurare la profittabilità dei prodotti o dei servizi commercializzati.
Nella sua accezione classica questa attività consisteva nel misurare l’attitudine dei processi a produrre redditività e flussi finanziari, focalizzandosi sull’efficienza delle linee produttive o su quelle di un intero reparto ed estendendosi, talvolta, alla verifica del rispetto delle procedure operative interne da parte dei collaboratori.
Restavano escluse quindi le misure per evidenziare la reale capacità dell’azienda di soddisfare le esigenze della clientela e la possibilità di verificare il livello di raggiungimento degli obiettivi strategici.
Seguendo questa interpretazione ogni attività operativa dell’azienda, semplicemente per il fatto di generare costi, diventava oggetto di monitoraggio da parte del controller, ma nonostante questa estensione dell’analisi i risultati prodotti dalla contabilità analitica risultavano piuttosto limitati e il management doveva accontentarsi di report che mettevano in risalto solamente l’ammontare del costo industriale, ovvero i costi diretti e indiretti di produzione variabili.
Alla fine degli anni ottanta cominciò a diffondersi una nuova tecnica, l’Activity Based Costing, grazie alla quale si poteva determinare il costo industriale di produzione di prodotti o servizi complessi ed ottenuti da processi produttivi aggregati, con maggiore attendibilità e precisione rispetto alle tecniche usate in precedenza.
La lentezza con la quale evolvevano gli strumenti del controllo di gestione, almeno fino alla seconda metà del ventesimo secolo, era in gran parte dovuta al fatto che i manager lo consideravano solo uno strumento utile per generare informazioni di natura economico-finanziaria quali:
a) la quantificazione del margine di contribuzione apportato da ogni singolo articolo o servizio offerto dal mercato;
b) il rispetto degli standard di efficienza dei processi;
c) la capacità dell’azienda di generare flussi di cassa positivi;
d) il rispetto del budget economico patrimoniale.
Verso la fine degli anni Ottanta, le principali business school anglosassoni, iniziarono a domandarsi se la dinamica economico-finanziaria fosse realmente l’unica variabile di riferimento per misurare la capacità dell’azienda di competere in mercati sempre più globalizzati.
Manager e ricercatori universitari, d’altro canto, erano consapevoli dei limiti che gli strumenti classici del controllo di gestione avevano nel dare una chiave di lettura del contesto ed intensificarono gli sforzi per individuare nuove tecniche manageriali più efficaci per potenziare i fattori alla base del successo aziendale.
A metà degli anni Novanta i Professori Norton e Kaplan presentarono la loro Balanced Scorecard, una tecnica management che potrebbe essere utilizzata sia per facilitare il processo di elaborazione delle scelte strategiche, sia nel tradurre queste scelte in una serie di misure indicative del grado di raggiungimento della mission e degli obiettivi strategici.
Grazie a questo strumento è possibile monitorare il livello di allineamento delle funzioni aziendali nel perseguire gli obiettivi comuni, capire il posizionamento dell’azienda rispetto alle dinamiche del mercato, verificare l’adeguatezza della struttura organizzativa nel perseguire le strategie.
Oggi, a distanza di 25 anni dall’introduzione della Balanced Scorecard, le tecniche base tradizionali del controllo di gestione (contabilità analitica, budget economico e patrimoniale, budget di tesoreria, indicatori di prestazione e misurazione della qualità con tecniche statistiche) sono nuovamente oggetto di revisione ed approfondimento.
I ricercatori universitari hanno iniziato a chiedersi se la sola capacità dell’azienda di raggiungere gli obiettivi strategici sia sufficiente per portarla al successo e come sia possibile evitare errori gestionali come ad esempio errare nell’individuazione delle dinamiche competitive, oppure non saper motivare il personale ad apprendere.
Solo recentemente i manager si sono accorti delle difficoltà che si incontrano nel comprendere a fondo i punti di forza di un’azienda, quantificare l’attitudine nel riuscire a soddisfare la clientela, come rendere la struttura organizzativa resiliente e duttile.
Oggi il controllo di gestione ha nuovi strumenti in grado di dare risposta a queste domande, e lo può fare in tempo reale.
Il nuovo controllo di gestione si spinge a rilevare la soddisfazione della clientela durante la Customer Experience, la flessibilità produttiva nel riuscire a produrre prodotti e servizi sempre più personalizzati, il livello di apprendimento del personale dagli errori commessi.
Per farlo occorre mettere a punto un Box Score che contenga tre ordini di misure:
a) indicatori economico finanziari;
b) indicatori operativi (quelli che sono in grado di valutare con precisione la capacità produttiva di un dato reparto (uomini e macchine);
c) indicatori del livello delle prestazioni in un determinato periodo (un giorno, una settimana, un mese);
d) indicatori che evidenzino i risultati raggiunti per ridurre gli sprechi e rendere snelli i processi.
La forza del nuovo metodo di controllo di gestione risiede nei dati che utilizza. Tutte le informazioni, rilevate sul campo per essere fruibili, dovrebbero essere elaborate in modo semplice, immediato e facilmente comprensibili da tutti gli operatori dei vari reparti.
I dati di natura contabile, non essendo più fondamentali nei report, consentono al controller di non dover aspettare la chiusura del bilancio infrannuale per determinare il risultato aziendale.
Alla base del processo decisionale, va ricordato, ci sono sempre le informazioni derivanti dal monitoraggio dei risultati ottenuti nell’espletamento dell’attività operativa.
Molte aziende, purtroppo, continuano ad elaborare i loro report usando metodologie obsolete ed inadeguate per far capire il reale andamento aziendale.
Va evidenziato che i sistemi tradizionali generalmente presentano una serie di limiti ed incognite:
a) è difficile inventariare in tempi brevi le rimanenze di magazzino, (limitando in questo modo il confronto tra i consumi delle materie prime e la variazione delle scorte di magazzino a fine mese);
b) non esistono software specifici che consentano di gestire il sistema Activity Based Costing quale strumento di cost accounting in modo fluido ed economico;
c) non viene dato sufficiente risalto agli sprechi di risorse durante l’esecuzione dei processi.
In virtù dei limiti sopra descritti è auspicabile che le aziende più conservative adeguino il loro modo di fare il controllo di gestione per poter essere in grado di controllare le proprie performance in tempo reale, determinare i fattori che creano valore, quantificare la redditività delle diverse linee di prodotto e infine acquisire la consapevolezza di quali caratteristiche abbiano i prodotti che rispecchiano i desiderata dei clienti .
Fare controllo di gestione non si limita solo all’analisi del consumo di risorse (umane e produttive), ma deve essere un supporto per chi si occupa di pianificazione strategica. In particolare il controllo di gestione deve riuscire ad individuare i fattori distintivi del successo aziendale, capire come soddisfare le necessità della clientela offrendo loro prodotti sempre più personalizzati, verificare se i flussi produttivi sono snelli e poco dispersivi.