Follow up – Lean Thinking
Il Lean Thinking una strategia che punta all’essenziale
La metodologia di lavoro apportata dal Lean Thinking ha suscitato, fin dalle sue origini, un forte interesse da parte di molti imprenditori o manager, che la giudicavano un valido strumento manageriale in grado d’incrementare l’efficienza produttiva o ridurre i tempi di evasione degli ordini.
I concetti base di questo approccio organizzativo sono semplici, poco articolati e soprattutto non basati su tecnologie informatiche o dell’automazione; sono concetti poco onerosi da attuare sia sotto l’aspetto economico che temporale, quindi alla portata di tutti.
Tuttavia, la maggioranza delle aziende che ha provato ad adottare il Lean Thinking come modello di lavoro per rivedere le “operations”, dopo qualche mese di tentativi si esprime con commenti di questo tenore:
- Da noi non si può fare.
- Va bene solo nelle grosse industrie che hanno processi di produzione altamente standardizzati.
- Ci abbiamo provato, ma poi ci siamo arenati al solo reparto produzione.
Il Lean Thinking è un metodo di lavoro basato sulla semplicità, che affonda le proprie origini nella cultura industriale giapponese del dopoguerra, caratterizzata dalla scarsità delle risorse produttive (materie prime e tecnologie informatiche) e che ha fatto del risparmio il proprio punto di forza.
Nonostante queste peculiarità, per noi occidentali la filosofia Lean è impegnativa da accettare e questo porta le persone a desistere dal renderla operativa più frequentemente di quanto si creda.
Nonostante le evidenti peculiarità positive del Lean Thinking, le remore che noi occidentali nutriamo verso questo approccio organizzativo sono elevate; i manager che hanno tentato, senza successo, di applicarlo nelle loro aziende, dicono che è un metodo di lavoro “esotico” e completamente differente rispetto ai metodi occidentali di lavoro, perché è basato su principi profondamente diversi.
L’origine di questo atteggiamento scettico nasce dalle differenze tra la cultura industriale occidentale, fondata sui principi tayloristici dell’efficienza e sull’individualismo e quella giapponese fondata invece prevalentemente su rispetto, armonia, qualità, puntualità, consenso e lavoro di gruppo.
La nostra società post-industriale ha sviluppato, nel corso dell’ultimo secolo, logiche che privilegiano l’effimero, la speculazione finanziaria e il design, più che la funzionalità dei prodotti, rinnegando, col passare del tempo, i principi guida e gli assunti culturali di cui è intriso il Lean Thinking, capisaldi che anche la nostra cultura del lavoro comprendeva, ma che ha finito, col passare del tempo, per dimenticare.
Esempi di questa abiura culturale si ritrovano nel modo in cui si pianificano le strategie:
- L’orizzonte temporale preso di riferimento è il breve termine (in oriente l’asse temporale di riferimento è il lungo termine).
- Non sempre i produttori adottano comportamenti etici nei confronti della clientela, basti pensare ai casi di frodi alimentari, prodotti difettosi o beni che hanno una “self life” breve (le aziende lean pongono al centro di tutto il cliente e per tale ragione i beni o servizi commercializzati devono soddisfare pienamente l’acquirente).
- Si tende a produrre beni o servizi “oversized”, ovvero complessi e costosi, per differenziarsi dalla concorrenza, anziché realizzare manufatti che abbiano solamente le caratteristiche richieste dalla clientela (come raccomanda l’approccio Lean Thinking).
La cultura del risparmio e del rigore, la ricerca della qualità e della bellezza, l’attenzione per il valore delle cose, sono concetti che dovrebbero far parte della nostra condotta e non essere prerogativa esclusiva della cultura giapponese.
In passato gli stessi valori sono stati i fondamenti del pensiero artigiano-industriale del Rinascimento. Gli artigiani veneziani dell’Arsenale costruivano le loro imbarcazioni adottando le medesime regole che caratterizzano il Lean Thinking oggi (forte personalizzazione e flusso di lavoro), abilità che, nel corso del tempo, ha permesso loro di diventare una potenza marinara in tutto il Mediterraneo.
«Il punto di forza della Repubblica Serenissima fu proprio quello di realizzare Galere e navi commerciali innovative e con caratteristiche superiori rispetto a quelle delle altre nazioni. Superiorità tecnica che permetteva alla marineria veneziana di vincere facilmente le battaglie navali e di trasportare più velocemente rispetto alle altre marinerie merci nel mediterraneo fino alla Russia.
La capacità produttiva era talmente elevata che gli “arsenalotti” cioè i maestri d’ascia veneziani che lavorano dentro l’arsenale, ultimavano il montaggio di una galera nell’arco di poche ore. Nel 1570 il picco produttivo raggiunse le 100 navi nell’arco di due mesi». (Lean management cose mai dette, di Andrea Payaro, Società Editrice Esculapio).
Le diverse rivoluzioni industriali che si sono succedute in Occidente, negli ultimi cento anni, hanno stravolto i punti di riferimento che caratterizzavano, a suo tempo, la realtà dei cantieri veneziani rinascimentali, che oggi ritroviamo nel Lean Thinking, ma non più nell’industria moderna.
Riuscire a far propria questa filosofia applicandola in ogni area aziendale (attività amministrative e commerciali comprese) significa ritornare alle origini, all’essenziale, al valore.
Per raggiungere questa meta servono costanza, perseveranza e tempo, ma soprattutto serve l’umiltà di saper mettere in discussione le proprie convinzioni sull’organizzazione aziendale e le regole dell’economia politica.
La sfida che il Lean Thinking, al pari di altri approcci innovativi, lancia a chi se ne vuole servire, sollecita soprattutto l’abilità di cambiare e di evolvere.
Il Kanban, il Just In Time, lo SMED, la Value Strem Map, sono solo strumenti di lavoro, tecnicismi che possono apportare risultati brillanti o incrementare i costi operativi a seconda di come vengono applicati e contestualizzati all’interno dell’azienda. La loro utilità si manifesta solamente se vengono correttamente applicati e utilizzati da persone che, prima di tutto, hanno saputo abbandonare i preconcetti e i miti post industriali dell’immaginario collettivo (tutto subito e senza fatica) allontanandosi da una visione utopistica del lavoro.
Questo viaggio culturale esige molta fatica e molto impegno, ma allo stesso tempo rende vincenti ed innovativi. Sicuramente vale la pena provarci per non farsi sopraffare dai cambiamenti della nostra epoca.